Sono romagnola e mi piace la compagnia della gente, ma non
per forza la seconda è diretta conseguenza della prima. Anzi, se dovessi
seguire gli esempi familiari, a quest’ora mi sarei già murata in casa. Perciò
diciamo che tra le mie attività extra-lavorative – complice anche un marito che
ha nelle corde la stessa attitudine – c’è sempre stata quella di organizzare
cene, uscite, andare, fare e sbrigare. Che è stancante, ma poi quanto è bella
la convivialità, diciamocelo. Per quanto anche le rimpatriate di famiglia
possano essere momenti pesanti in cui si rimane tanto seduti che i piedi
diventano radici alla fine della giornata, volete forse dirmi che è peggiore del
starsene da soli a compiangere la propria solitudine? Questo lo dico ovviamente
quando di fronte c’è una possibilità di passare il tempo insieme, se invece,
per vicende della vita piuttosto tristi, si è costretti a vivere un vero esilio
familiare, questo è un altro discorso.
Il punto è che una volta mi piaceva tanto organizzare uscite, perché c’era
una risposta positiva all'azione. Ora no, sembra diventato tutto difficile.
Mettendo su qualche anno sulle spalle (e non ne sono nemmeno passati tanto, o
perlomeno io questo tempo non me lo sento quasi per nulla) le persone che
frequentavo sono diventate restie a concedersi, quasi a voler rifuggire anche
una blanda forma di socialità, preferendo piuttosto un comodo divano di casa e
un programma TV. E mi verrebbe da domandare, come mai non faccio
altrettanto?
Qui si parla di “scuse”, non quelle dette dopo aver fatto un
qualsiasi tipo di torto a qualcuno, bensì delle balle che sono inventate per
sottrarsi agli inviti.
Anche se la verità sarebbe sempre la strada migliore da
seguire, per quanto possa essere fastidiosa, molto spesso
si ricopre con il ridicolo della cazzata, infatti, se quest’ultima non è studiata
bene, farà sia torcere il naso sia girare i maroni contemporaneamente.
Negli anni mi sono
appuntata mentalmente le cazzate che mi hanno propinato, perché inventarsi una
balla, Signori miei, quello sì che è puro spirito creativo, ma a volte scema
nel patetico, eppure basterebbero piccoli accorgimenti per non trasformarsi in
veri professionisti del climbing mirror (cit.).
Se non sapete come liberarvi dalle situazioni, e dire semplicemente che non
avete voglia di scollarvi dal divano, o che Tizio e Caio vi orbitano a livello
delle gonadi, ecco una serie di scuse che potrebbero tornare utili.
SCUSA N. 1 “Non ho
la macchina”
Funziona se non esistono mezzi pubblici per raggiungere un
certo luogo e nelle giornate di sciopero degli stessi. Quando nessuno si offre
di dare uno strappo al malcapitato appiedato.
Percentuale di
applicazione: bassa. Percentuale successo: alta.
SCUSA N. 2 “Ho un
appuntamento con il family banker”
Il family banker è quella figura che viene incontro alle
esigenze di orario di una famiglia portando la banca a casa del cliente (non
fisicamente!), e si ritrova a dover lavorare di sera. E quale scusa migliore da
snocciolare per evitare uscite serali, aperitivi e cinema? Funziona se davvero
ci si avvale di una banca che offre questo servizio, in caso contrario bisogna
essere ferrati nel campo, sai mai che qualcuno possa chiedervi consiglio o di
passare il contatto. E giacché non sono mai operazioni brevi, ci si mette al
sicuro per tutta la serata.
Poi conoscevo una che si faceva trombareintratteneva
una relazione con il family banker, ma questo non interessa ora.
Percentuale di
applicazione: bassa. Percentuale successo: alta.
SCUSA N. 3 “Mi hanno
trattenuto al lavoro per un imprevisto”
Lo capite da soli che non potrebbe mai funzionare quando si
esce tra colleghi. Fortunatamente mi trovo tra quelli che hanno ancora un
lavoro e alle 17:30 spaccate possono permettersi di far cadere la penna; ma se
voi siete un professionista, avete un alto grado di responsabilità o tante
persone alle vostre dipendenze, e soprattutto vi trovate a Milano (Uè fiiga, laurà laurà laurà!), questa scusa
funziona benissimo.
Percentuale di
applicazione: media. Percentuale successo: media.
SCUSA N. 4 “Sono
fuori per trasferta”
E’ una sorta di SCUSA 3BIS, fa eccezione perché permette di
pararsi il culo nei fine settimana. Ci si mette al sicuro nel “prima” perché si
deve preparare il bagaglio e il volo è prestissimo e non vorrei arrivare con il
doppio set di borse Samsonite. Va bene nel “durante”, perché non si sa mai
quando finirà una trasferta, un contrattempo, un aereo cancellato, l’ebola. Il “dopo”
ancora meglio: devo smaltire il jet lag, mi è venuta la forfora da stress, etc.
Percentuale di
applicazione: bassa. Percentuale successo: alta.
SCUSA N. 5 “Devo
studiare”
Anche se siete lontani anni luce dal periodo in cui eravate obbligati a stare sui libri, questa è una scusa che funziona anche per chi si sta prendendo
qualche Master delle inutilità, o sta
seguendo corsi di, che ne so, in divinazione
delle feci di piccione (e no, studiare per gli esami del sangue non è
credibile).
Ciò che è importante è che voi abbiate un esame, e si sa che
nella vita gli esami non finiscono mai. E’ applicabile anche nel caso
frequentiate i compagni di corso: voi siete i secchioni e nessuno si sognerà di contraddirvi. Se dovesse andare male
l’esame, chi vorrebbe sulla coscienza uno studentello incazzato, anche se
ottuagenario?
Percentuale di
applicazione: media. Percentuale successo: alta.
SCUSA N. 6 “Arrivano
i parenti”
Per chi vive lontano dalla propria famiglia, potrebbero capitarvi delle occasioni in cui riceverete una visita da qualche parente. Evento
stressantissimo. Infatti, chi ha robuste e inscalfibili abitudini e non fa
della propria casa un porto di mare, avere tra i piedi qualcuno diventa uno
stracciamento di palle senza eguali. Tutta la comprensione. Funziona se
non avete persone che possano piombarvi in casa all'improvviso e magari scoprire
che vivete come un eremita dal 1983.
Percentuale di
applicazione: bassa. Percentuale successo: media.
SCUSA N. 7 “Ieri
sera ho fatto tardi e ho bisogno di dormire”
Bellezza, benessere fisico e mentale vengono prima di tutto.
Funziona se avete una vita sociale decente che vi permetta di rendere credibile
il tutto. Fare tardi vuol dire anche che vi siete fatti la mini-maratona de “Lo Hobbit” in previsione del terzo episodio
perché nel frattempo avete rimosso tutto dalla memoria come uno spazzino. Vale
anche se siete stati sul cesso tutta la notte dopo il cocktail di scampi non
proprio freschissimo. Da qui andiamo al punto 8.
Ammettere di non voler uscire perché si è fatto tardi vi
avvicina molto alla strada della sincerità, perché il più delle volte è solo la
mancanza di voglia che guida il boicottare gli inviti.
Percentuale di
applicazione: alta. Percentuale successo: alta.
SCUSA N. 8 “Ho il
cagotto”
Questa è una delle mie favorite, vanta un successo altissimo.
Sappiamo tutti quanto imbarazzante potrebbe essere sottrarsi alla compagnia per
la ricerca di una toilette mentre tutti amabilmente gustano il proprio spritz
sbocconcellando qua e là dal buffet dell’aperitivo. E’ una scusa meravigliosa
perché non implica la presenza di febbre, fatta esclusione dei sudori freddi
nei casi più gravi, ma quello potrebbe essere colera da cozze.
Percentuale di
applicazione: alta. Percentuale successo: alta.
SCUSA N. 9
Compleanno/Funerale parenti
Qui bisogna fare attenzione a più aspetti. Se vivi lontano
dalla famiglia (vedi il mio caso) puoi evitare, al limite potrebbe essere
il compleanno di qualche amico, festeggiato che deve essere lontano anni luce
dalla cerchia usuale delle amicizie.
Secondo aspetto importante: è d’obbligo tenere il conto dei
compleanni, nonché di nonni e lontani prozii disponibili a morire per
l’occasione. Mi è capitato di contare almeno tre compleanni e altrettante morti
della stessa persona. Resuscitare non è da tutti, per cui fate attenzione
perché qualcuno potrebbe avere più memoria di voi.
Percentuale di
applicazione: media. Percentuale successo: media.
SCUSA N.10 Mondo figli
La dieci è una delle regine, sempre che abbiate figli. In tal
caso potete delegare tutte le colpe ai figli, quindi vi rende dei beceri
imbroglioni.
“Non posso uscire perché ho la recita/ la partita/ il saggio
di danza/ …inserire attività a piacere…
/ di mio figlio.”
“Non posso uscire perché mio figlio ha mal di pancia/ la
tosse/ l’otite/ il morbillo/ …inserire
malattia a piacere… /.”
Nessuno si sognerà di insistere. Chi vorrebbe impestarsi con i germi che il sangue del vostro sangue vi ha portato in casa? Chi non proverebbe compassione per gli effetti deleteri al sistema nervoso di tutte le attività
extra-scolastiche dei pargoli?
Percentuale di
applicazione: alta. Percentuale successo: alta.
A corollario, per la buona riuscita della cazzata, se avete una vita intensa di condivisione sui social network sarebbe bene evitare di postare foto su Instagram
o twittare geo localizzati quando vi credono a
casa o in tutt'altro luogo.
LA SCUSA UNIVERSALE
E qui apro una piccola riflessione su qualcosa che ho dovuto
imparare mio malgrado.
Ci sono rimasta male anche pochi giorni fa, ho sbottato
contro chi per l’ennesima volta ha usato questa scusa nei miei confronti, poi
ho capito che si può ribaltare il discorso e renderlo fruibile per tutte le
occasioni.
A chi facevo notare di non essere presente, di essere sparito da troppo tempo dalla circolazione, di rispondere ai cenni dopo vari solleciti,
augurandomi che prima di tutto riuscisse a ritagliarsi parentesi di tempo per se stesso prima di farlo con gli amici (a parte il fatto che la buona regola sarebbe sempre
farsi i cazzi propri invece di occuparsi delle nevrosi degli altri), mi sono
sentita rispondere che “era una cosa che veniva da dentro e io non potevo
capire”. Nello specifico questo discorso era collegato all'avere avuto un figlio e alla
sua gestione. Mi ha sempre fatto imbestialire chiunque, trovandosi dalla parte del
genitore, si sia autorizzato a decretare l'incapacità di intendere le situazioni di chi di figli di non
ne ha. L'essere genitore, da quanto ne so, non ha mai conferito ultra
poteri a nessuno, esclusa Maria Vergine. Non devo prenderla sul personale se questa
scusa cretina riflette solamente le debolezze di chi la pronuncia, ma ho capito
che d’ora in poi userò la stessa scusa del “tu
non puoi capire” (sottotitolato, “e
quindi suca bene e forte”) a qualsiasi cosa mi verrà chiesta.
- Perché non esci stasera?
- Tu non puoi capire.
- Perché hai comprato un paio di scarpe così orrende
- Tu non puoi capire.
- Perché corri le maratone?
- Tu non puoi capire.
- Perché la gente buona muore?
- Tu non puoi capire.
Vedete allora che funziona a 360°? E’ l’imperatrice di
tutte le scuse, fa passare per imbecille il prossimo e ci avvolge del mantello
della superiorità. L’unica controindicazione è diventare oggetto di facile sfanculabilità e poi essere evitati come
la morte nel futuro prossimo e remoto. Da valutare l’utilizzo con attenzione.
bellissime e geniali molto
RispondiEliminaTu non puoi capire
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