Nell'esatto momento in cui scopro di aver infeltrito un maglioncino in merinos, mentre sto maledicendo quell'insensatezza della lana di restringersi appena sente caldo e troppa centrifuga, arriva il messaggino di I.: l'invito per la domenica a condividere una meraviglia di costate insieme a loro.
Ne hanno passate parecchie in questi ultimi 3 mesi, tante che ne basterebbero per guadagnare in bonus Karma per il prossimo cinquantennio. E allora festeggiamo, ci siamo. La salute, il tirare un grande sospiro di sollievo.
Inviti che arrivano come se fosse stata tua madre a dirti: "Domani cosa fai? Pranzi da noi?".
Come fosse famiglia. Noi che la famiglia ce l'abbiamo entrambe a distanza, con un telefono in mezzo quando va bene. Noi con le nostre incrinature e ammaccature, che abbiamo deciso di contare su noi stessi perché non è giusto così ma va bene lo stesso.
Noi che la famiglia se non c'è ce la creiamo come piace a noi.
Ma poi arriva il momento che è costante della vita: si percorre un po' di strada assieme e poi ognuno prende un corso differente, e questo mi riempi di rabbia e tristezza. Trovi sintonia con qualcuno, e Dio quanto è difficile oggigiorno, e questi decidono che si trasferiranno.
Però meglio così che la morte, dài! Magre consolazioni.
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